Millet bulgaro

Mappa etnica dei Balcani del 1861, di Guillaume Lejean. I bulgari sono contrassegnati in verde chiaro.
Territori sotto la giurisdizione dell'Esarcato bulgaro (1870-1913).
Mappa della Turchia europea nei Balcani, dopo il Trattato di Berlino. Le aree della Macedonia e Adrianopoli, che furono restituite dalla Bulgaria agli ottomani, sono indicate con frontiere verdi.

Il millet bulgaro[1][2][3] o bulgar millet (in turco Bulgar Milleti) era una comunità etnoreligiosa e linguistica all'interno dell'Impero ottomano dalla metà del XIX all'inizio del XX secolo.

Il termine semiufficiale millet bulgaro fu utilizzato dal Sultano per la prima volta nel 1847,[4] e rappresentò il suo tacito consenso a una definizione maggiormente etno-linguistica dei bulgari come nazione. Ufficialmente come millet separato nel 1860, furono riconosciuti i bulgari uniati, e poi nel 1870 come cristiani ortodossi bulgari (Eksarhhâne-i Millet i Bulgar).[5] A quel tempo il classico sistema ottomano del millet iniziò a degradarsi con la continua identificazione del credo religioso con l'identità etnica e il termine millet veniva usato come sinonimo di nazione.[6] In questa direzione, nella lotta per il riconoscimento di una Chiesa separata, fu creata la moderna nazione bulgara.[7]

L'istituzione dell'Esarcato bulgaro nel 1870, significò nella pratica il riconoscimento ufficiale di una nazionalità bulgara separata,[8] e in questo caso l'affiliazione religiosa divenne una conseguenza della fedeltà nazionale.[9] La fondazione di una chiesa indipendente, insieme alla rinascita della lingua e dell'istruzione bulgara, furono i fattori cruciali che rafforzarono la coscienza nazionale e la lotta rivoluzionaria, che portarono alla creazione di uno stato-nazione indipendente nel 1878.

  1. ^ Umberto Levra, Nazioni, nazionalità, stati nazionali nell'Ottocento europeo: atti del LXI Congresso di storia del Risorgimento italiano (Torino, 9-13 ottobre 2002), Comitato di Torino dell'Istituto per la storia del Risorgimento Italianoi, 2004, p. 332, ISBN 978-88-430-3172-6.
  2. ^ Enrico Morini, L'Oriente cristiano, Edizioni Studio Domenicano, 2006, p. 35, ISBN 978-88-7094-611-6.
  3. ^ Stefano Bianchini, Sarajevo le radici dell'odio: identità e destino dei popoli balcanici, Edizioni associate, 1993, p. 138, ISBN 978-88-267-0186-8.
  4. ^ (EN) Ardit Bido, The Albanian Orthodox Church: A Political History, 1878–1945, Routledge, 26 novembre 2020, ISBN 978-0-429-75546-0.
  5. ^ Patrick James e David Goetze, Evolutionary theory and ethnic conflict, Praeger, 2001, pp. 159-160, ISBN 978-0-313-07467-7, OCLC 70763627.
  6. ^ Andreas Wimmer, Nationalist exclusion and ethnic conflict : shadows of modernity, Cambridge University Press, 2002, pp. 171-172, ISBN 978-0-521-81255-9, OCLC 559552486.
  7. ^ (EN) Crampton, R. J., A Concise History of Bulgaria, Cambridge University Press, 24 novembre 2005, p. 74, ISBN 978-0-521-61637-9.
  8. ^ (EN) Rumen Daskalov, The Making of a Nation in the Balkans: Historiography of the Bulgarian Revival, Central European University Press, 1º gennaio 2004, p. 1, ISBN 978-963-9241-83-1.
  9. ^ (EN) Duncan M. Perry, Stefan Stambolov and the Emergence of Modern Bulgaria, 1870-1895, Duke University Press, 1993, p. 7, ISBN 978-0-8223-1313-7.

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